Il significato di privacy dovrebbe essere noto a tutti.

Sostanzialmente è il diritto di ogni individuo di scegliere se mostrare o divulgare a terzi, in tutto o in parte, ciò che appartiene alla sua persona. Appartengono all’individuo cose, pensieri, azioni e tanto altro essendo l’essere umano capace di sorprendere..

Stringiamo il campo e soffermiamoci su ciò che appartiene all’ individuo, ma nello stesso tempo anche ad altri: qui è meno netta l’interpretazione della parola privacy. Nessuno si sognerebbe di fare causa ad un giornale se, in maniera marginale e non voluta, si vede apparire in una foto pubblicata per tutt’altri motivi. Non puoi bloccare l’informazione, anche se potresti essere in imbarazzo perché magari la foto mette in risalto una tua ingiustificata presenza in quel luogo. Esiste un concetto base nella scala di valori sociale, fatte salve le onnipresenti deroghe:

il bene collettivo prevale su quello individuale, sempre!

 

Per alzare il livello e dare un po’ di brio alla lettura (concordo, l’argomento non è tra i più affascinanti) aggiungiamo altri tre ingredienti al mondo privacy: la proprietà, il possesso e la detenzione, con un focus sul mondo del lavoro, in particolare l’individuo-dipendente inserito nelle regole aziendali. Smarco subito l’ultima, la detenzione, che è sostanzialmente una maniera per dire custodia, non strettamente associata all’uso.

Per lo svolgimento delle attività di statuto le aziende si dotano di regole, personale e mezzi. Queste tre macro famiglie sono estremamente correlate tra loro e il successo aziendale dipende in buona parte da come il management riesce a coniugarle…questa è l’organizzazione.

Le aziende ovviamente non sono tutte uguali, l’organizzazione dipende dalla cultura del management e dalla spesa che si alloca per la strutturazione e il controllo delle procedure, che non possono essere soltanto disegnate ma applicate, verificate ed eventualmente corrette. Tra uno schema aziendale organizzato e il nulla c’è un abisso, o meglio c’è l’Italia. Troppo spesso vediamo aziende o posti di lavoro in cui non esistono regole oppure ci sono e non vengono attuate.

L’uso dei mezzi e l’applicazione delle regole sono spesso argomento delicato. Esiste un proprietario dei mezzi, beni etc, l’azienda, e un possessore, più o meno regolamentato a cui sono affidati per lo svolgimento dell’incarico affidato (il dipendente). Qui il concetto di diritti della proprietà e del possessore, associati alla privacy diventa labile.

Faccio un esempio: il dipendente che fa uso di mezzi aziendali senza specifico benestare,un possessore “de facto”, che noncurante dell’etica ne fa un uso promiscuo, non comunicato né autorizzato, ma anche non regolamentato, che libertà ha di utilizzarli per scopi privati? Per un concetto di correttezza direi nessuna, ma anche qui c’è chi mette i distinguo.

Viene evocato il concetto di acquiescenza, di privacy del lavoratore (un indirizzo mail aziendale con il nome del dipendente diventa terreno esclusivo, sacro ed inviolabile, anche se si chiamano i caschi blu!). Per non parlare della localizzazione del dipendente in orario di lavoro…non si può sapere, a meno che non si trovi in ufficio.

Tempo fa, prima dell’istituzione dei transponder, ci arrivò una multa dalla Versilia di un’auto aziendale in uso in un cantiere del Veneto…una normale e allegra serata fuori porta!!! Se analizzo il grado di vulnerabilità dell’azienda e lo confronto con quello del dipendente scopro che il soggetto debole non è l’individuo (dipendente) ma la collettività (azienda).

Alcotec non solo deve difendere il proprio patrimonio conoscitivo maturato in più di 20 anni grazie al contributo di molti, ma deve anche poter valutare il livello di sensibilità dei dati e una griglia di autorizzazioni e non ultimo deve strutturare un sistema di controllo per impedire l’uso di dati non autorizzato o fraudolento.

I passaggi fondamentali da compiere o completare sono:

  • (I) scrittura delle regole;
  • (II)definizione dei ruoli;
  •  (III) utilizzo di blockchain;
  • (IV ) quadro sanzionatorio.

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